deriva dal tradizionale formalismo della societ\u00e0 giapponese<\/strong>, per cui si ritiene deferente chiamare una persona secondo il nome che la identifica come appartenente ad una determinata famiglia.<\/p>\nIn altri termini, il motivo per cui in Giappone ci si chiama per cognome \u00e8 legato all\u2019importanza della famiglia tradizionale.<\/p>\n
Tralasciando valutazioni sociologiche su quanto la famiglia giapponese sia mutata nel corso del Novecento, \u00e8 innegabile che, ancora oggi, viene tenuto in grande considerazione il sistema familiare noto come “ie”: si tratta di una famiglia patrilineare, caratterizzata da una forte gerarchia interna<\/strong>, basata a sua volta sull\u2019et\u00e0 dei singoli componenti.<\/p>\nNormalmente, tale famiglia \u00e8 retta dal padre e vede nel figlio maschio pi\u00f9 grande l\u2019erede di quest\u2019ultima<\/strong>: tra i compiti del capo-famiglia ci sono i doveri di cura e sostentamento dei genitori anziani, della moglie e dei fratelli minori.<\/p>\nNormalmente questi ultimi, nel momento in cui si sposano e formano un\u2019autonoma famiglia, restano comunque “affiliati”<\/strong> alla famiglia principale, in un sistema potenzialmente infinito.<\/p>\nUn\u2019usanza molto comune, specialmente nel recente passato, era quella di “adottare” il marito della figlia<\/strong> sia nel caso in cui non vi fossero altri figli maschi, sia nel caso in cui la famiglia di adozione porta avanti un cognome prestigioso: in questo caso, infatti, \u00e8 il genero ad adottare il cognome della moglie.<\/p>\nSebbene questa struttura familiare sia stata ormai superata, ne \u00e8 rimasto un esplicito ricordo nell\u2019uso di identificare le persone quali appartenenti ad una determinata famiglia, appunto utilizzando il cognome per chiamarle.<\/p>\n
Contestualmente, per dare maggiore personalizzazione al rapporto esistente tra persone, l\u2019uso del cognome si \u00e8 storicamente affiancato all\u2019utilizzo di suffissi onorifici: come vedremo tra poco, sono questi ultimi a rappresentare la chiave di volta per cogliere la differenza esistente tra il come si chiama un amico, un genitore, un collega di lavoro, un estraneo, e cos\u00ec via.<\/p>\n
Cosa sono i suffissi onorifici?<\/h2>\n
Se, quindi, l\u2019uso del cognome per chiamare le persone \u00e8 ancora oggi molto utilizzato in Giappone, \u00e8 l\u2019impiego dei suffissi onorifici che permette di contestualizzare il “nome” della persona.<\/strong><\/p>\nI suffissi sono generalmente neutrali, anche se ne esistono varianti solo femminili o solo maschili.<\/p>\n
Il loro utilizzo \u00e8 fondamentale per instaurare una conversazione competente con un giapponese, anche se non vengono generalmente considerati basilari nella grammatica.<\/strong><\/p>\nIl suffisso pu\u00f2 essere impiegato sia con il nome che per la coppia cognome-nome, a seconda del rapporto esistente tra due persone.<\/p>\n
Dal momento che, come anticipato, l\u2019uso del nome \u00e8 generalmente limitato ai rapporti tra stretti familiari, ne consegue che buona parte dei suffissi che reggono il nome sono esclusivamente di tipo familiare.<\/strong><\/p>\nViceversa, i suffissi comuni reggono cognome e nome: in questo caso essi vengono usati in fondo al nome completo.<\/p>\n
Addirittura, \u00e8 frequente l\u2019impiego di suffissi a titolo di nome proprio, come accade per identificare un animale domestico: ad esempio, il suffisso \u2013chan pu\u00f2 essere usato dopo il nome generico “neko” per identificare il proprio gatto di casa.<\/strong><\/p>\nI suffissi giapponesi vengono utilizzati generalmente verso il proprio interlocutore o quando si sta facendo riferimento ad un terzo; normalmente essi sono impiegati anche nella scrittura formale.<\/p>\n
Viceversa, essi non sono utilizzati per riferirsi a s\u00e9 stessi, dal momento che, tranne quando venga fatto di proposito per creare un contesto drammatico o ironico, questa usanza viene considerata arrogante e tenuta in pessima considerazione.<\/p>\n
Esistono anche casi in cui \u00e8 possibile non utilizzare suffissi: ci\u00f2 avviene soprattutto tra amici intimi, giovani, compagni di classe e, generalmente, quando non sussiste differenza d\u2019et\u00e0 o altra circostanza che impone il rispetto della forma.<\/p>\n
Nelle generazioni pi\u00f9 giovani \u00e8 ormai molto in voga essere indicati senza suffisso, utilizzando questo solo verso conoscenti occasionali, superiori gerarchici e cos\u00ec via.<\/p>\n
Nei prossimi paragrafi identificheremo tutti i principali suffissi utilizzati in giapponese<\/strong>, classificandoli a seconda del loro contesto all\u2019interno o all\u2019esterno della famiglia.<\/p>\nI suffissi familiari Giapponesi<\/h3>\n
Cominciando con i suffissi utilizzati all\u2019interno della famiglia, questi ultimi sono normalmente utilizzati come nomi propri per riferirsi ad un determinato parente e, spesso, sostituiscono sia il nome che il cognome.<\/p>\n
Ci\u00f2 avviene, ad esempio, quando ci si chiama tra sorelle e fratelli. In particolare:<\/p>\n
1. Oniisan e Oneesan<\/strong> stanno ad indicare il fratello e la sorella maggiore, dal momento che derivano dalla combinazione tra il nome generico (ani e ane \u2013 fratello e sorella) con il suffisso \u2013san:<\/strong> come anticipato, essi sostituiscono il nome del fratello\/sorella in questione, anche se possono essere usati anche verso fratelli e sorelle maggiori di altre famiglie, in segno di cortesia; esiste una variante senza “o” (niisan e neesan) che indica una forma meno cortese e pi\u00f9 confidenziale;<\/p>\n2. Oniichan e Oneechan<\/strong> \u00e8 una forma pi\u00f9 affettuosa, che sottintende un rapporto pi\u00f9 confidenziale con i fratelli (pu\u00f2 essere resa, in italiano, con i termini “fratellone\/sorellona”;<\/p>\n3. Otouto\/Imouto<\/strong>, invece indicano i fratelli e le sorelle minori, ma se \u00e8 presente una notevole differenza d\u2019et\u00e0 da parte del fratello maggiore \u00e8 pi\u00f9 frequente la forma affettuosa che prevede l\u2019uso del nome proprio seguito dal \u2013chan (in questo caso con un effetto che potrebbe essere reso in “fratellino\/sorellina”).<\/p>\nPer quanto concerne gli altri suffissi che vengono normalmente utilizzati in famiglia, abbiamo:<\/p>\n
\n- Otosan e Okaasan<\/strong>, che indicano il padre e la mamma;<\/li>\n
- Ojisan e Obasa<\/strong>, che stanno per zio e zia;<\/li>\n
- Ojiisan e Obaasan<\/strong>, per riferirsi al nonno e alla nonna.<\/li>\n<\/ul>\n
Anche queste forme esistono nella variante che prevede l\u2019utilizzo del \u2013chan o del \u2013sama:<\/strong> la prima indica un grado di confidenza e affettuosit\u00e0 maggiore (anche se le forme riferite ai nonni sono considerate infantili); la seconda, invece, \u00e8 una variante molto pi\u00f9 formale, utilizzata in famiglie di alto rango.<\/p>\nAnalogamente, questi termini sono generalmente sostitutivi del nome proprio e del cognome all\u2019interno del contesto familiare; viceversa, quando si parla di un proprio parente all’esterno della famiglia non \u00e8 infrequente l\u2019utilizzo del nome\/cognome seguito da un suffisso comune.<\/p>\n
I suffissi comuni<\/h3>\n
Venendo a questi ultimi, \u00e8 bene notare che si tratta di un gran numero di termini, ciascuno dei quali utilizzato in un contesto e in un tipo di rapporto ben preciso. Limitandoci a quelli pi\u00f9 frequenti nella prassi del parlato, possiamo indicare:<\/p>\n
1. San:<\/strong> si tratta di un titolo di rispetto impiegato nella stragrande maggioranza dei casi, dal momento che viene utilizzato dopo il cognome e quindi si presta ad essere impiegato sia in contesti formali che informali e fra persone di tutte le et\u00e0; il san \u00e8 impiegato anche per dare un nome proprio ad un nome generico<\/strong>, come pu\u00f2 avvenire quando si intende identificare l\u2019impiegato di un determinato negozio (ad esempio, il lavoro del “nikuya” \u2013 il macellaio, pu\u00f2 essere convertito in “nikuya-san”<\/strong> per riferirsi al signore che lavora in macelleria);<\/p>\n2. Sama:<\/strong> si tratta della forma originaria di \u2013san e della sua variante pi\u00f9 formale; al pari del primo, tuttavia, pu\u00f2 essere utilizzato per qualsiasi genere, ma esclusivamente per riferirsi ad una persona di rango elevato, come avviene quando il dipendente si rivolge al proprio datore di lavoro, o quando un commesso si rivolge ad un cliente, e cos\u00ec via;<\/p>\n3. Kun,<\/strong> al contrario dei due suffissi prima descritti, \u00e8 appannaggio esclusivo di ragazzi e amici e viene impiegato come forma di rispetto nei confronti di coetanei<\/strong> o di persone pi\u00f9 giovani; si tratta di un suffisso prettamente confidenziale, ai limiti dell\u2019affettuoso: ci\u00f2 pu\u00f2 avvenire anche da parte di un anziano nei confronti di un giovane o in ambito lavorativo, tra colleghi;<\/p>\n4. Chan<\/strong> \u00e8 il tipico vezzeggiativo giapponese, dal momento che il suo significato \u00e8 assimilabile al nostro “piccolo\/a”<\/strong> o, comunque, ad un diminutivo: ne consegue che, se usato dopo un nome proprio esso tende ad individuare un rapporto di estrema confidenza o a sottolineare la giovanissima et\u00e0 della persona; tuttavia, -chan \u00e8 molto diffuso anche per sottolineare il forte livello di amicizia e intimit\u00e0<\/strong>, ed \u00e8 impiegato anche per riferirsi al partner o ad un amico d\u2019infanzia (specialmente femminile, visto che se usato per i maschi pu\u00f2 essere considerato offensivo fuori da contesti scherzosi o di forte amicizia): due fidanzati possono utilizzare il \u2013chan<\/strong> dopo il nome proprio per chiamarsi reciprocamente; viceversa, quando un ragazzo chiama una ragazza che conosce generalmente utilizza il cognome seguito dal \u2013san, mentre tra maschi \u00e8 preferito il cognome seguito dal \u2013kun;<\/p>\n5. Sensei\/senpai:<\/strong> sono generalmente nomi generici utilizzati per riferirsi ad una persona, quindi tecnicamente non si tratta di suffissi, anche se possono essere utilizzati dopo il cognome per identificare con rispetto il proprio interlocutore; sensei indica generalmente il professore, il maestro o un dottore<\/strong>; viceversa, senpai \u00e8 utilizzato da parte dei pi\u00f9 giovani nei confronti di un compagno o collega pi\u00f9 anziano<\/strong> al quale portare rispetto: anche in questo caso pu\u00f2 essere usato da solo o dopo il cognome della persona (come avviene quando un ragazzo chiama un altro appartenente ad una classe superiore).<\/p>\n<\/p>\n
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